Finanza aziendale: le cambiali finanziarie – parte I

Finanza aziendale: le cambiali finanziarie – parte I

Finanza aziendale: le cambiali finanziarie – parte I 150 150 Giovanni Pianca

Le cambiali finanziarie: dall’introduzione nel 1994 alla Delibera C.I.C.R. del 2005.

Finanza aziendale: le cambiali finanziarie

Introdotte nel nostro ordinamento oltre venti anni fa (legge n. 43/1994 rubricata “disciplina delle cambiali finanziarie”) avrebbero dovuto rappresentare per le piccole-medie imprese un canale di approvvigionamento del credito a breve termine (vale a dire di liquidità)  alternativo a quello bancario[1].

 

Vediamone le caratteristiche originarie.

 

La cambiale finanziaria:

  • è un titolo di credito all’ordine emesso in serie sostanzialmente assimilabile al vaglia / pagherò cambiario, dal quale si differenzia per due requisiti, da inserire nel contesto del titolo:
    1. la denominazione “cambiale finanziaria”;
    2. l’indicazione dei proventi in qualunque forma pattuiti;
  • aveva una scadenza originaria (in seguito modificata) da 3 a 12 mesi.

 

L’emissione di tale strumento costituisce raccolta del risparmio ai sensi dell’art. 11 del d. lgs. n. 385/1993 (Testo Unico Bancario – T.U.B.) alle cui previsioni pertanto soggiace.

In sostanza al momento dell’introduzione nel nostro ordinamento, le cambiali finanziarie erano disciplinate oltre che dalla l. n. 43/1994, dalle norme in tema di vaglia cambiario (per gli aspetti non derogati dalla disciplina speciale), dall’art. 11 T.U.B. , da alcune norme civilistiche (vd. infra)  e, ai sensi dell’art. 4 della l. n. 43/1994, dalla normativa in materia di valori mobiliari e di strumenti finanziari.

Quanto alle fonti normative secondarie, esse andavano rinvenute nelle Istruzioni di Banca d’Italia. Inoltre, poche settimane dopo l’entrata in vigore della l. n. 43, veniva emanata la Delibera del Comitato Interministeriale per il Credito e il Risparmio (C.I.C.R.) del 3 marzo 1994 intitolata “Raccolta del risparmio ai sensi dell’art. 11 del decreto legislativo 1° settembre 1993 n. 385”.

Questa stabiliva che la raccolta del risparmio tra il pubblico da parte dei soggetti diversi dalle banche, tramite acquisizione di fondi con obbligo di rimborso, era consentita mediante gli strumenti di seguito indicati, secondo modalitĂ  ed entro limiti differenziati per categoria di soggetti:

  • obbligazioni;
  • altri titoli: la raccolta del risparmio tra il pubblico tramite valori mobiliari diversi dalle obbligazioni era consentita:
  • alle societĂ  e agli enti con titoli negoziati in un mercato regolamentato;
  • alle altre societĂ  purchĂ© i bilanci degli ultimi tre esercizi fossero in utile. I titoli dovevano inoltre essere assistiti da garanzia in misura non inferiore al 50% del valore di sottoscrizione, rilasciata dalle banche autorizzate in Italia[2] e banche comunitarie di cui all’art. 1, comma 2 lettere d) e b) T.U.B., dalle societĂ  finanziarie iscritte all’elenco speciale ex art. 107 T.U.B. o dalle societĂ  e dagli enti di assicurazioni autorizzati ai sensi delle l. n. 295/1978 e 742/1986.

Tale raccolta era effettuata mediante l’emissione di cambiali finanziarie di cui alla l. n. 43/1994 o di titoli, anche al portatore, denominati “certificati di investimento”.

La raccolta di risparmio realizzata con uno o più tra questi tre strumenti (obbligazioni, cambiali finanziarie e certificati di investimento) non poteva eccedere il limite del capitale versato e delle riserve risultanti dall’ultimo bilancio approvato. Banca d’Italia[3], sentita la Consob, avrebbe proposto le caratteristiche, anche di durata e di taglio, dei predetti titoli al Ministero del Tesoro[4], il quale avrebbe provveduto con proprio decreto. Quanto al taglio la Delibera in discussione ne fissava l’importo minimo in 100 milioni di lire.

Infine il punto 5 della Delibera precludeva temporaneamente l’emissione di cambiali finanziarie alle banche.

Quanto alle disposizioni civilistiche all’epoca vigenti (e pertanto prima della riforma del diritto societario di cui al d. lgs. n. 6/2003), esse erano le seguenti:

– per le s.p.a. e le s.a.p.a.[5] l’art. 2410 che sanciva per l’emissione di obbligazioni, al portatore o nominative, il limite dato dall’importo del capitale versato ed esistente secondo l’ultimo bilancio approvato, con possibilitĂ  di deroga in caso di prestazione di uno dei due tipi di garanzia indicati nella norma medesima;

– per le s.r.l.[6] gli artt. 2472 e 2486, 3° c. c.c. che impedivano la raccolta di capitale di rischio e di debito.

Ciò significa che fino all’entrata in vigore della l. n. 43/1994 per s.p.a. e s.a.p.a. l’unica forma di raccolta di risparmio tra il pubblico consentita era l’emissione di obbligazioni, nel rispetto dell’anzidetto limite fissato dal c.c.[7], mentre tale raccolta era preclusa alle s.r.l., per le quali, quindi, fino all’entrata in vigore del d.lgs. n. 6/2003[8] non vi sarebbe stata altra via di accesso al risparmio che quella rappresentata dalle cambiali finanziarie.

Tornando all’esame delle disposizioni di cui alla l. n. 43/1994, dall’art. 1, 1° c. si ricava che le cambiali finanziarie essendo titoli di credito emessi in serie, hanno un contenuto uniforme e ciascuna di esse rappresenta una identica frazione di una operazione di finanziamento sottesa al programma di emissione.

Il 2° c., dopo aver equiparato per ogni effetto di legge le cambiali finanziarie alle cambiali ordinarie, al fine di favorirne la circolazione, stabilisce che esse sono girabili esclusivamente con la clausola “senza garanzia” o altre equivalenti (“senza regresso”, “senza responsabilità”, ecc.), con ciò escludendosi la responsabilità del girante nei confronti dei successivi prenditori del titolo.

Con la riforma del diritto societario del 2003 i limiti civilistici per s.p.a. e s.a.p.a. (alle quali sono applicabili ex art. 2454 c.c. le norme relative alle s.p.a. in quanto compatibili) all’emissione di obbligazioni sono da individuarsi nell’art. 2412, 1° c. c.c.[9], con le deroghe previste nel medesimo articolo; per le s.r.l. si applica l’art. 2483[10].

Nel luglio 2005 interviene nuovamente il C.I.C.R. con la delibera n. 1058 (“Raccolta del risparmio da parte di soggetti diversi dalle banche”).

Questa, revocando la precedente Delibera (ad eccezione dell’art. 5, comma 1, per cui l’emissione di cambiali finanziarie continua ad essere preclusa alle banche)[11], ribadisce che raccolta di risparmio tra il pubblico è l’acquisizione di fondi con obbligo di rimborso, attività che è vietata a soggetti diversi dalle banche con le eccezioni di cui all’art. 11 T.U.B.  (precisamente, per quanto qui concerne, il 4° c. lett. c), che esclude da divieto le società per la raccolta effettuata ai sensi del codice civile mediante obbligazioni, titoli di debito od altri strumenti finanziari) e di quelle indicate nella stessa delibera, per quanto attiene l’emissione di strumenti finanziari, racchiuse nella Sezione II.

Dopo aver definito strumenti finanziari di raccolta le obbligazioni, i titoli di debito e gli altri strumenti finanziari che, a prescindere dalla loro denominazione e dall’eventuale attribuzione di diritti amministrativi, contengono un obbligo di rimborso (art. 3) e rinviato ai limiti civilistici all’emissione di tali strumenti (art. 4), il successivo art. 5 ne stabilisce le caratteristiche:

  • devono essere indicati identitĂ  del garante e ammontare della garanzia sugli strumenti finanziari stessi e sui registri ad essi relativi;
  • il taglio minimo unitario di emissione non può essere inferiore a 50.000,00 euro, ad eccezione di quei strumenti finanziari destinati alla quotazione in mercati regolamentati emessi da societĂ  con azioni quotate in mercati regolamentati[12].

Raffrontando la disciplina dei titoli di debito con la disciplina delle cambiali finanziarie all’epoca vigente si può trovare un punto di contatto nel comune taglio minimo di emissione, fissato dall’anzidetta Delibera C.I.C.R. in euro 50.000,00. Tuttavia la stessa Delibera, all’art. 4 (“Limiti all’emissione degli strumenti finanziari di raccolta”), rinvia ai limiti previsti dal codice civile, rispettati i quali le cambiali finanziarie trovano disciplina nella legge speciale e quindi nella clausola che prevede unicamente la girata “senza garanzia”, escludendo pertanto la responsabilità cartolare del girante.

Altre due differenze significative sono costituite dall’obbligo di revisione del bilancio e dal divieto di emissione di cambiali finanziarie per le microimprese.

[1] Nella relazione di accompagnamento alla proposta di legge (A.C. 2309 del 26 febbraio 1993, XI Legislatura) viene esplicitato che l’introduzione di tale strumento avrebbe consentito di poter accedere al capitale di credito a minor costo rispetto alla normale intermediazione bancaria, essendo le cambiali finanziarie nella prassi internazionale (commercial papers) strumenti finanziari a breve termine in virtù dei quali le imprese autorizzate all’emissione potevano fare ricorso direttamente al mercato del risparmio.

[2] Successivamente definite “soggetti significativi”, vale a dire soggetti come definiti dall’art. 2 n. 16 del Regolamento UE n. 468/2014, sui quali la Banca Centrale Europea esercita la vigilanza diretta in conformità alle disposizioni del Meccanismo di vigilanza unica.

[3] Cfr. Banca d’Italia, Istruzioni di vigilanza del 2 dicembre 1994, 115° aggiornamento della circolare n. 4 del 29 marzo 1988; poi modificate in sede dei seguenti aggiornamenti: 120° del 28 giugno 1995 e 140° del 27 aprile 1998 e, infine, nel titolo IX, cap. 2 delle nuove “Istruzioni di vigilanza per le banche” di cui alla circolare n. 229 del 21 aprile 1999.

[4] Si veda il d.m. 7 ottobre 1994.

[5] Nonché per le società cooperative cui erano applicabili le norme dettate per le s.p.a.. Su criteri e limiti di emissione di obbligazioni interverrà in seguito la Delibera C.I.C.R. del 3 maggio 1999.

[6] Oltre che per le societĂ  cooperative cui erano applicabili le norme dettate in materia di s.r.l..

[7] Divieto di raccolta di risparmio tra il pubblico, in quanto attività riservata alle banche, che non si applica ai sensi dell’art. 11, 4° comma, lett. c) T.U.B. alle società, per la raccolta effettuata ai sensi del codice civile, mediante obbligazioni, titoli di debito od altri strumenti finanziari.

[8] Il novellato art. 2483 c.c. consente di emettere titoli di debito.

[9] Art. 2412, 1° c. c.c.: “La società può emettere obbligazioni al portatore o nominative per somma complessivamente non eccedente il doppio del capitale sociale, della riserva legale e delle riserve disponibili risultanti dall’ultimo bilancio approvato.”

[10] Per le società cooperative cui si applicano le norme in tema di s.r.l. dispone l’art. 2526 c.c. in tema di emissione di strumenti finanziari.

[11] Nonché il d.m. 7 ottobre 1994 che dettava le caratteristiche delle cambiali finanziarie e dei certificati di investimento.

[12] E ad eccezione pure delle obbligazioni.







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