PMI, piccole banche, IFRS9: guai imminenti ? Parte I

PMI, piccole banche, IFRS9: guai imminenti ? Parte I

PMI, piccole banche, IFRS9: guai imminenti ? Parte I 150 150 Giovanni Pianca

Il quadro di riferimento

Cosa comporta l’adozione da parte delle banche del principio contabile internazionale IFRS9 (“Financial Instruments”) per una piccola o media impresa ?

L’IFRS 9 è entrato in vigore il 1° gennaio 2018, in sostituzione del precedente IAS 39. Esso impone alle banche, tra le altre cose, di svalutare i propri crediti non più considerando le perdite effettivamente conseguite (“occurred losses”) ma tenendo conto delle perdite attese (“expected losses”) sui flussi di cassa futuri.

In base al modello delle perdite attese introdotto dall’IFRS 9 non è necessario che si verifichi l’evento che provoca la perdita sui crediti per rilevare quest’ultima. Un’entità deve ora rilevare sempre (al minimo) la perdita attesa per i successivi 12 mesi a conto economico. Invece per quegli asset per i quali si individua un significativo aumento del rischio di credito dopo la rilevazione iniziale occorre considerare le perdite attese sull’intera vita residua del credito.

Viene stabilito un sistema di calcolo delle perdite attese che prevede la segmentazione del portafoglio secondo la qualità dei crediti (vale a dire la diversa probabilità di rischio associata al credito) in  3 stadi (“stages”), con introduzione di una classe intermedia tra crediti in bonis e crediti deteriorati:

  • stage 1: performance in linea con le aspettative: si calcola la perdita attesa sull’orizzonte temporale di 1 anno (mentre con il precedente principio IAS 39 non si procedeva ad alcuna eventuale svalutazione);
  • stage 2: perfomance significativamente sotto le aspettative; vi passano i crediti dallo stage 1 quando la rischiosità loro associata aumenta sensibilmente; in questa fascia la perdita viene stimata su un orizzonte temporale che arriva fino alla scadenza dello strumento con un approccio predittivo che tenga anche conto delle variabili proprie del debitore (peggioramento del suo rating e dei suoi risultati operativi) ed “esterne” (peggioramento atteso dei tassi di crescita del PIL, di inflazione, disoccupazione, del contesto tecnologico, normativo, ecc.); ecco la seconda novità: per questa categoria non solo si deve valutare la perdita attesa , ma questa va valutata sull’intera vita residua;
  • stage 3: attività non performing (vale a dire in default, esposizioni deteriorate); rientrano i crediti diventati più rischiosi in cui c’è l’oggettiva evidenza della necessità di andare a verificarne il valore e la stima delle perdite deve essere riportata su l’intera posizione; qui non vi evidenziano novità rispetto al precedente IAS39, si deve procedere ad una svalutazione per perdita attesa per l’intera vita residua.

E’ evidente che la nuova metodologia di valutazione ha rovesciato completamente la prospettiva perché:

  • si passa dalle perdite conseguite alle perdite attese, si noti, anche per i crediti in bonis;
  • l’introduzione della classe intermedia fa sì che le banche debbano adottare sistemi di early warning per l’individuazione dei crediti che possano “scivolare” nello stadio 2, di quei crediti, cioè, anche in bonis, ma con performance significativamente sotto le attese; non vi erano analoghe previsioni all’interno dello IAS 39; si badi che tra i crediti da passare dallo stage 1 allo stage 2 figurano ora pure quelli scaduti da oltre 30 giorni (“past due 30 giorni”) in quanto comportano un incremento significativo del rischio.

Il principio IFRS9 si applica a partire dai bilanci degli esercizi che hanno inizio dal 1° gennaio 2018 o da data successiva.

Già dai bilanci intermedi 2018 di alcune banche si sono visti gli impatti in termini di riduzione dei requisiti patrimoniali (CET1) a causa del sensibile incremento delle rettifiche.

Peraltro il Regolamento UE 2017/2395 pubblicato il 27 dicembre 2017 permette a banche, assicurazioni e intermediari finanziari sottoposti a vigilanza di assorbire le conseguenze dell’applicazione dell’IFRS9  attraverso un regime transitorio opzionale con un meccanismo a scalare lungo un periodo di 5 anni a partire dal 2018.

Le simulazioni condotte dalla BCE e dall’EBA (Autorità Bancaria Europea) hanno evidenziato pesanti conseguenze in termini dei requisiti patrimoniali previsti per tutti gli istituti di credito, come detto in parte consistente per l’introduzione dello stage 2. A essere più colpite dalle conseguenze della novità contabile saranno le banche più piccole. Queste infatti adottano modelli standard per la valutazione dei crediti i quali permettevano in linea con quanto indicato da Basilea 3 di non effettuare nel calcolo delle riserve patrimoniali alcuna rettifica per le perdite attese ma non ancora manifestatesi.

Piccoli istituti di credito, poi, che nella crisi economica hanno sostenuto le PMI più deboli.

Quale la conseguenza della necessità di accrescere le riserve patrimoniali ? Gli istituti di minori dimensioni probabilmente sottrarranno liquidità dai propri impieghi ed è pertanto prevedibile una nuova stretta all’erogazione di credito verso la clientela di PMI.

La conclusione che se ne trae è che il maggior riflesso sull’economia reale italiana dell’entrata in vigore del IFRS9 potrebbe riguardare proprio le PMI beneficiarie di linee di credito concentrate verso gli istituti più piccoli. Ecco che le piccole e medie imprese dovranno rapidamente darsi da fare, come vedremo nella parte II. In quale modo ? Approntando e mettendo a sistema una reportistica in materia di finanza aziendale che, attraverso una costante disclosure (intesa come condivisione delle informazioni interne), consenta alla banche, soprattutto a quelle di minori dimensioni, una più accurata valutazione del rischio di credito prospettico. [fine parte I]







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