Finanza aziendale innovativa: il PEER-TO-PEER LENDING

Finanza aziendale innovativa: il PEER-TO-PEER LENDING

Finanza aziendale innovativa: il PEER-TO-PEER LENDING 150 150 Giovanni Pianca

In breve P2P lending; detto anche “lending-based crowdfunding”

Peer to Peer Landing

Cos’è il peer-to-peer lending ?

E’ una modalità di finanziamento nuova perché:

  • a finanziare l’impresa (oppure un soggetto privato) non è un istituto bancario ma una molteplicità di privati o imprese non bancarie o finanziarie;
  • l’incontro tra domanda e offerta (vale a dire la negoziazione e le transazioni – l’erogazione del finanziamento e il rimborso) avviene su piattaforme web gestite da specifici operatori;

Sostanzialmente vi sono tre soggetti: il richiedente il finanziamento (A), il soggetto che gestisce la piattaforma (B) e il finanziatore (C).

Il soggetto intermedio (B) sostanzialmente accoglie la richiesta di finanziamento di (A), conduce le istruttorie relative al merito creditizio ed in caso positivo presenta la proposta al finanziatore (C); in realtà si tratta di un insieme di finanziatori, ciascuno dei quali, tipicamente, anche in un’ottica di diversificazione del rischio, investe in più progetti.

L’assegnazione e la ripartizione del finanziamento tra i finanziatori avviene attraverso meccanismi che possono variare da piattaforma a piattaforma:

  • la piattaforma o il debitore stabiliscono un tasso di interesse di riferimento; successivamente gli investitori indicano in un’asta competitiva la quota di debito che sono disposti a finanziare e il relativo tasso di interesse. Raggiunto l’importo richiesto del finanziamento il debitore pagherà interessi calcolati come media ponderata delle quote dei singoli investitori per i tassi richiesti;
  • la piattaforma stabilisce il tasso di interesse sulla base del rating (merito creditizio) e gli investitori scelgono i soggetti da finanziare e il relativo importo. Onde consentire una limitazione del rischio molte piattaforme utilizzano procedure di ripartizione automatica: una volta inseriti importo complessivo dell’investimento, durata e classe di rischio/rendimento, il monte totale investito viene ripartito su più debitori. Questa è la modalità più diffusa per i prestiti alle piccole-medie imprese;
  • un ulteriore modello consente al finanziatore di scegliere solo durata e profilo rischio/rendimento ma non i soggetti da finanziare, selezionati dalla stessa piattaforma. Spesso questo modello prevede la variante di un fondo di salvaguardia parametrato alle perdite attese e finalizzato a coprire eventuali perdite fino a capienza. E’ il modello più diffuso nel Regno Unito per i prestiti alle famiglie;
  • i finanziatori acquistano quote di un fondo di investimento il quale attraverso apposita piattaforma finanzia prestiti. E’ il modello più recente.

Pure per quanto attiene l’erogazione dei fondi vi sono modelli differenti; in sostanza uno è quello usato dalle piattaforme europee e l’altro da quelle americane.

Il primo prevede che una volta raggiunto l’importo richiesto dal debitore la piattaforma fornisca i servizi operativi e legali necessari alla sottoscrizione dei singoli contratti di debito, dopodiché i fondi dei finanziatori, custoditi presso una banca terza, vengono rimessi al debitore. Con l’utilizzo di questo modello i finanziatori sopportano i rischi del solo contratto di debito (mutuo).

Il modello diffuso negli Stati Uniti invece è più complesso: raggiunto l’ammontare richiesto la piattaforma dà disposizione ad una banca partner di erogare il finanziamento al debitore. Dopo poco la piattaforma acquista il credito dalla banca e finanzia il prestito tramite l’emissione di titoli di debito sottoscritti dai finanziatori. In questo modello i finanziatori, oltre al rischio sotteso alla capacità di rimborso del debitore, sopporta pure il rischio della piattaforma, che ha emesso i titoli di debito (anche per tutti gli altri finanziamenti concessi).

 

In sostanza con il peer-to-peer lending  viene disintermediata la banca tradizionale (in altre parole anche il P2P è frutto della rivoluzione digitale che in molti settori sta permettendo il “salto” di vari anelli di filiere distributive o di servizi). Ciò consente un abbattimento dei costi tipici di questa, soprattutto quelli di struttura; trattandosi di piattaforme virtuali che operano sul web i costi di esercizio sono infatti considerevolmente inferiori.

Il risparmio di costi viene in parte trasferito ai finanziatori sotto forma di tassi di interesse sul finanziamento/investimento superiori a quelli applicati dalle banche tradizionali. Per il finanziato ciò si traduce in tassi di interesse di solito leggermente superiori per quanto riguarda i finanziamenti strumentali (ad es: acquisto macchinari) . Nel caso di credito al consumo (e quindi di finanziamenti ai privati) si assiste invece a tassi di interesse sensibilmente inferiori.

 

Particolarità del P2P lending:

  • tipicamente i finanziamenti non sono assistiti da garanzie. Il rischio di credito quindi:
  1. a) a monte è limitato da una corretta attività di istruttoria e di attribuzione del corretto rating;
  2. b) a valle per i finanziatori è mitigato dal fatto che tipicamente il singolo finanziamento è suddiviso tra decine e a volte centinaia di finanziatori; ciò non toglie che in caso di morosità vengano attivate le consuete procedure di recupero coattivo del credito; in aggiunta alcune piattaforme prevedono fondi di salvaguardia.

Tuttavia ultimamente si sta diffondendo la possibilità di garantire i prestiti, specie per quanto attiene l’acquisto di immobili residenziali.

Resta il fatto che nel P2P tipicamente l’intero rischio di credito ricade sull’investitore.

Quanto al rischio di liquidità alcuni operatori hanno previsto un mercato secondario in cui gli investitori possono compravendere i contratti.

  • tipicamente finanziato e finanziatore(i) non entrano in contatto ed anzi questi ultimi non conoscono l’identità del primo. Infatti il finanziatore seleziona sulla piattaforma web una determinata categoria composta da soggetti richiedenti finanziamento aventi lo stesso rating (merito creditizio); solo in caso di recupero coattivo viene individuato il debitore al fine del recupero del credito. La selezione e l’attribuzione del rating sono effettuate dall’operatore che gestisce la piattaforma con le modalità tradizionali (esame banche dati quali CRIF, Centrale Rischi Banca d’Italia, ecc.);
  • finanziatore e finanziato accendono presso l’operatore dei conti di pagamento attraverso i quali avvengono i flussi della provvista (finanziamento e rimborso);
  • proprio la gestione quasi completamente digitalizzata delle operazioni e l’assenza di una struttura fisica di sportelli comporta che i contratti sottoscritti e la successiva esecuzione degli stessi siano estremamente standardizzati; da ciò ne discende che:
  • non vi è un servizio di consulenza reso dall’operatore P2P al debitore o all’investitore;
  • non vi è possibilità di rinegoziare il contratto di debito e quindi non vi sono margini di flessibilità in caso di incapacità, anche solo momentanea, del debitore ad onorare le rate di rimborso;
  • viceversa la digitalizzazione solitamente comporta minori tempi di istruttoria e di erogazione del credito.

 

In Italia il P2P è assai poco sviluppato, pure in confronto ad altri Paesi europei, soprattutto il Regno Unito.

Tuttavia sta segnando tassi di sviluppo interessanti (specie nel 2016 e in questi primi mesi del 2017).

I principali operatori nazionali per i prestiti alle imprese sono Borsadelcredito.it e Ibondis. Vi sono altresì operatori specializzati nello sconto di fatture:

  • Credimi;
  • Cashme;
  • Workinvoice;
  • Fifty Finance.

 

… per approfondire: un po’ di dettagli tecnici

I soggetti pionieri del P2P in Italia operavano quali intermediari finanziari all’albo di cui all’art. 106 T.U.B. (Testo Unico Bancario).

Banca d’Italia li ha sanzionati con la cancellazione dal predetto albo per violazione delle riserve di legge di cui agli artt. 10 (“attività bancaria”) e 11 (“raccolta del risparmio”) del T.U.B., cioè per aver svolto attività bancaria e per aver raccolto risparmio tra il pubblico, attività entrambe riservate alle banche.

Questo perché i soggetti P2P non convogliavano i fondi raccolti in distinti conti separati bensì nei propri, acquisendone pertanto la proprietà, con il che i finanziatori si trovavano nella medesima situazione di un comune depositante.

Successivamente il recepimento della Direttiva 2007/64/CE (“Payment Service Directive) ad opera del d.lgs. n. 11/2010 ha permesso l’inquadramento giuridico nel nostro ordinamento del P2P. Viene infatti introdotto nel T.U.B. il Titolo V-ter che disciplina gli istituti di pagamento, che debbono iscriversi in apposito albo (art. 114-septies).

Per servizi di pagamento si intendono (art. 1 d.lgs. 11/2010):

1) servizi che permettono di depositare il contante su un conto  di pagamento nonché tutte le operazioni richieste per la gestione di un conto di pagamento;

2) servizi che permettono prelievi  in  contante  da  un  conto  di pagamento nonché tutte le operazioni richieste per la gestione di un conto di pagamento;

3) esecuzione di ordini di pagamento, incluso il  trasferimento  di fondi, su un conto di pagamento presso il prestatore  di  servizi  di pagamento dell’utilizzatore o presso un altro prestatore  di  servizi di pagamento:

3.1.esecuzione di addebiti diretti, inclusi  addebiti  diretti  una tantum;

3.2.esecuzione  di  operazioni  di  pagamento  mediante  carte di pagamento o dispositivi analoghi;

3.3. esecuzione di bonifici, inclusi ordini permanenti;

4) Esecuzione di operazioni di pagamento quando i  fondi  rientrano in una linea di credito accordata ad un utilizzatore  di  servizi  di pagamento:

4.1. esecuzione di addebiti diretti, inclusi addebiti  diretti  una tantum;

4.2. esecuzione  di  operazioni  di  pagamento  mediante  carte  di pagamento o dispositivi analoghi;

4.3. esecuzione di bonifici, inclusi ordini permanenti;

5) emissione e/o acquisizione di strumenti di pagamento;

6) rimessa di denaro;

7) esecuzione di  operazioni  di  pagamento  ove  il  consenso  del pagatore ad eseguire l’operazione di pagamento sia dato  mediante  un dispositivo  di  telecomunicazione,  digitale  o  informatico  e  il pagamento sia effettuato all’operatore del sistema o della  rete di telecomunicazioni o digitale o informatica che agisce  esclusivamente come intermediario tra l’utilizzatore di servizi di  pagamento  e  il

fornitore di beni e servizi.

Le operazioni di pagamento (vale a dire le attività,  poste  in  essere  dal pagatore o dal  beneficiario,  di  versare,  trasferire  o  prelevare fondi) avvengono previa accensione di “conti di pagamento”, intrattenuti presso un prestatore di servizi di pagamento da uno o più utilizzatori di servizi di pagamento. Non vi è alcuna preclusione in merito ai soggetti beneficiari e pagatori.Diversamente per quanto attiene i soggetti ammessi alla prestazione di servizi di pagamento: oltre a banche e istituti di moneta elettronica, vengono introdotti gli istituti di pagamento, alla cui fattispecie vengono ricondotti i soggetti che P2P (non potendo questi essere considerati banche o istituti di moneta elettronica), con ciò quindi definitivamente consentendone l’attività.Per l’esercizio dei servizi di pagamento viene richiesta la previa autorizzazione di Banca d’Italia (art. 114-novies).

Nel nostro Paese non è stata emanata una normativa specifica; gli operatori (e pure finanziatori e prenditori/debitori) pertanto debbono attenersi alle norme del Testo Unico Bancario.

Tuttavia nel novembre 2016 Banca d’Italia ha emanato delle disposizioni per la raccolta del risparmio dei soggetti diversi dalle banche (entrate in vigore il 1° gennaio 2017) in cui alla Sezione IX si esamina il social lending. In esse si afferma innanzitutto  che “l’operatività dei gestori dei portali on-line che svolgono attività di social-lending … e di coloro che prestano o raccolgono fondi tramite i suddetti portali … è consentita nel rispetto delle norme che regolano le attività riservata dalla legge a particolari categorie di soggetti (ad esempio, attività bancaria, raccolta del risparmio presso il pubblico, concessione di credito nei confronti del pubblico, mediazione creditizia, prestazione dei servizi di pagamento)”. Con specifico riferimento alla raccolta di risparmio presso il pubblico, trattasi di attività vietata tanto ai gestori delle piattaforme che ai prenditori, fatte salve anche per loro le deroghe di cui all’art. 11 del T.U.B.. Tuttavia per i prenditori, aspetto che qui maggiormente ci interessa, non costituisce raccolta di risparmio presso il pubblico l’acquisizione di fondi effettuata sulla base di trattative personalizzate con i singoli finanziatori. Il provvedimento continua affermando: “al riguardo, avute presenti le modalità operative tipiche delle piattaforme di social lending, le trattative possono essere considerate personalizzate allorché i prenditori e i finanziatori sono in grado di incidere con la propria volontà sulla determinazione delle clausole del contratto tra loro stipulato e il gestore del portale si limita a svolgere un’attività di supporto allo svolgimento delle trattative precedenti alla formazione del contratto.” In nota si legge: “tale condizione si considera rispettata, ad esempio, allorché il gestore predisponga un regolamento contrattuale standard che costituisce solo una base di partenza delle trattative, che devono essere in ogni caso svolte autonomamente dai contraenti, eventualmente avvalendosi di strumenti informatici forniti dal gestore”. Pertanto, per non incorrere nell’esercizio abusivo della raccolta del risparmio i prenditori debbono avvalersi esclusivamente di piattaforme che assicurino il carattere personalizzato delle trattative e siano in grado di garantire il rispetto di tale condizione anche mediante un’adeguata informativa pubblica.

Altresì si afferma che la definizione di un limite massimo, di contenuto importo, all’acquisizione di fondi tramite portale on line di social lending da parte dei prenditori è coerente con la ratio sottesa alle Disposizioni, volta ad impedire ai soggetti non bancari di raccogliere fondi per ammontare rilevante presso un numero indeterminato di risparmiatori. Banca d’Italia non indica quale sia questo limite massimo, non avendo, alla luce del vigente quadro normativo, la potestà di fissarlo. Spetta pertanto al gestore definirlo, in modo tale che la raccolta sia complessivamente limitata.

Al fine delle rispetto delle disposizioni contenute nella Sezione IX delle Disposizioni contrattualistica e operatività degli schemi di social lending  debbono essere adeguati entro il 30 giugno 2017.

Dal punto di vista contrattuale il peer-to-peer lending può essere configurato come una fattispecie contrattuale complessa: sul contratto di mutuo (ex art. 1813 e ss. cod. civ.) tra privati si innesta infatti una prestazione di servizi da parte dell’operatore P2P che, prima, collegando le due parti, consente la formazione del contratto e, successivamente, consente l’esecuzione del medesimo mediante operazioni di pagamento e presta servizi accessori. Sitografia:–       https://www.bancaditalia.it/compiti/vigilanza/intermediari/Testo-Unico-Bancario.pdf, Banca d’Italia, Testo Unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, versione aggiornata al decreto legislativo 14 novembre 2016 n. 223, Titolo V-ter;

–       http://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/qef/2017-0375/QEF_375.pdf, Banca d’Italia, Questioni di Economia e Finanza (occasional papers), M. Bofondi, Il lending-based crowdfunding: opportunità e rischi, n. 375, marzo 2017;-       http://www.dirittobancario.it/approfondimenti/credito/regolamentazione-del-peer-peer-lending-italia ,  G.B. Donato, Regolamentazione del peer-to-peer lending in Italia, 14 maggio 2015;-       http://www.borsaitaliana.it/notizie/sotto-la-lente/p2plending-224.htm,P2P lending, 11 settembre 2015;-       http://www.p2plendingitalia.com/docs/P2P%20Lending%20Italia%20-%20Outlook%202017.pdf, Outlook 2017 per il P2P lending italiano – Cosa si attendono i principali attori?, gennaio 2017;







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