Crisi d’impresa e accesso al credito

Crisi d’impresa e accesso al credito

Crisi d’impresa e accesso al credito 150 150 Giovanni Pianca

Crisi d’impresa e accesso al credito bancario: vi sono degli indici finanziari ricavabili dal bilancio e dal rendiconto finanziario che danno rilevanti informazioni.

Qui non tratterò della possibile prossima restrizione del credito bancario alle imprese dovuta all’andamento dell’economia italiana o alla situazione dei crediti deteriorati (non performing loans, NPL) ancora “in pancia” alle banche italiane.

Passerò invece sinteticamente in rassegna quali possono essere gli indici di carattere finanziario che l’impresa dovrà monitorare da subito per:

  1. non avere problemi di accesso al credito bancario dovuto all’aggiornamento del sistema dell’Asset Quality Review (AQR) generato dal nuovo principio contabile IFRS9 (strumenti finanziari), rimandando per un approfondimento di questo argomento a precedente articolo; ma pure per
  2. evitare le segnalazioni previste dal Codice della Crisi di impresa appena promulgato a febbraio.

Va premesso che spetterà al Consiglio nazionale dei dottori commercialisti ed esperti contabili elaborare gli indici che, valutati unitariamente, faranno ragionevolmente presumere la sussistenza di uno stato di crisi dell’impresa, distinti per settore in base alle classificazioni delle attività economiche ATECO.

E’ comunque “ragionevole” presumere che tra gli indici che verranno elaborati vi saranno i seguenti:

\frac{ebit}{oneri\ finanziari}

 

\frac{cash flow\ operativo}{attivo}

 

\frac{PFN}{ebitda}

 

Si terrà altresì conto di cash flow operativi negativi nonché del famoso acid test ratio (detto anche “quick ratio” o indice di liquidità primaria):

\frac{liquidità\ immediate\ +\ liquidità\ differite}{passività\ correnti}

o, il che è lo stesso:

\frac{attività\ correnti\ -\ rimanenze}{passività\ correnti}

 

A questi occorre aggiungere ulteriori indicatori, usati dalle banche, tra i quali:

equity:\ riduzione\ patrimonio\ netto\ >\ 50\%\ o\ patrimonio\ netto\ negativo

 

fatturato:\ riduzione\ fatturato\ >\ 30\%\ o\ perdita\ cliente\ importante

 

cash\ flow:\ riduzione\ margine\ operativo\ lordo\ >\ 20\%

 

e, infine (indicatore su cui torneremo in altro articolo):

 

DSCR\ <\ 1,1

 

dove DSCR sta per “debt service cover ratio” ed è dato dal rapporto

 

\frac{ebitda}{servizio\ annuale\ del\ debito(capitale\ +\ interessi)}

 

Vi sono altri indicatori già noti che le banche utilizzano tra i quali i seguenti:

  • esposizioni scadute da oltre 30 gg. (cosiddetto “past due“);
  • coinvolgimento in procedure concorsuali infragruppo;
  • rating interno bancario negativo (ultime classi);
  • debiti verso erario e/o dipendenti scaduti (questi ultimi sono indicatori di crisi pure per il nuovo Codice della Crisi d’impresa).

Nelle scorse settimane sono state condotte alcune indagini statistiche su ampi campioni di piccole imprese (ricavi tra 2 e 10 milioni) in varie regioni italiane, inserendo i seguenti valori soglia:

\frac{ebit}{oneri\ finanziari}<\ 2

 

\frac{cash flow\ operativo}{attivo}<\ 3

 

\frac{PFN}{ebitda}>\ 6

 

cash\ flow\ operativo<\ 0

 

\frac{liquidità\ immediate\ +\ liquidità\ differite}{passività\ correnti}<\ 0,90

 

nonché i suddetti indicatori utilizzati dalle banche nella propria revisione della qualità degli attivi (AQR).

Ebbene, tali indagini hanno portato alla conclusione che la quasi totalità delle imprese (oltre il 98%) nelle regioni monitorate farebbe scattare almeno un segnale di allerta.

Va ricordato che comunque, per quanto riguarda i sistemi di allerta, gli indici che faranno ragionevolmente presumere la sussistenza di uno stato di crisi dell’impresa andranno valutati unitariamente.

Molto dipenderà dai valori soglia che verranno fissati.

Resta che molto spesso gli indicatori finanziari utili per l’individuazione  preventiva della crisi d’impresa e per l’accesso al credito bancario (e per il suo mantenimento) coincidono e sono comunque tratti dalle stesse grandezze del bilancio.